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Blog di falletti.over-blog.it

Un' opinione sinceramente di destra, ma senza alcuna piaggeria nei confronti del potere

Imposte dei dipendenti statali: un artificio.

Gli impiegati statali non pagano le imposte.

Tale assunto sembrerà folle alla maggior parte della gente, soprattutto a quelli di cui si parla, eppure bisogna tentare di esplicitarlo e renderlo fruibile ai più. Il concetto che mi appreso a spiegare non è facile da comprendere, ma essendo fondamentale per rendersi conto di cosa succede oggi in Italia, è necessario che io ci provi.

Prendiamo ad esempio un insegnante che prenda 2100 euro al mese lordi e che in busta paga si veda trattenerne 700. Egli sarà convinto di pagare imposte per un terzo del suo stipendio e non si renderà conto che ciò è solo un modo di dire; un artificio.

Ciò era ovvio prima delle odierne complicazioni semantiche e degli artifici linguistici propri dell’era moderna in cui spesso è necessario nascondere la verità sotto formule astruse in cui solo i “tecnici” si raccapezzano e l’uomo della strada viene a bella posta fuorviato. In epoche più antiche, dove non era necessario turlupinare alcuno perché il suo consenso non era necessario, dato che non era necessario il suo voto, non si usavano tali raggiri.

Al massimo si dovrebbe dire io, Stato, ti vorrei dare molto di più, ma, purtroppo, data l’attuale contingenza ti pagare solo questo misero stipendio che ti ritrovi in busta paga.

Tanto è vero che prima del 1827 nel Regno delle due Sicilie non si parlava di tasse o imposte sugli stipendi degli impiegati; solo dopo questa data venne introdotta una riduzione del 10% sullo stipendio che da alcuni studiosi viene considerata una tassa e da altri una ritenuta.

Lo stesso dicasi per lo stato Sabaudo. In una tabella sulla tassazione del 1848, riportata in un testo a cura di Paolo Norsa e Mario da Pozza, edito dal comitato per lo studio del risorgimento italiano, vengono riportate tutte le entrate dello Stato e, ovviamente, non si fa cenno alle “tasse” pagate dagli impiegati.

Le risorse usate settore pubblico provengono solo da quello privato, lo Stato spende il denaro netto che gli viene da coloro che non lavorano per lui.

Per rendersi conto che le cose vanno così si pensi ad un “padrone” che non sia lo Stato e dicesse al lavoratore: “io ti do x-y e cioè ti do tremila meno mille che mi trattengo per le mie spese”. È ovvio che il lavoratore darebbe del pazzo al datore di lavoro e risponderebbe: “Dici che mi dai duemila e facciamo prima!”.

Lo stesso sarebbe avvenuto nel regno di “Francischiello”. Se il Borbone avesse detto ad un impiegato: “ Neh guagliò, io ti do cento ducati”  e poi gli avesse sussurrato “però cinquanta me le trattengo per le spese dello corona”, l’impiegato gli avrebbe risposto “ Neh, Maesta’ non mii pigliate per i fondelli, dite che mi date cinquanta e finiamola qua”.

Nel comunismo, ovviamente, non ci sono tasse. Lo Stato, non ha bisogno di dire: “ti do questo meno questo”: tutto deriva da Lui e può fare meno di usare questo artificio.

Questo discorso è fondamentale per comprendere quanto siano inutili e fuorvianti i discorsi di coloro che si lamentano di essere i soli a pagare tutte le tasse perché esse vengono trattenute alla fonte. Non si rendono conto e nessuno ha interesse a spiegarglielo, che essi sono pagati dal settore privato che rinuncia ad una parte del reddito, per avere dei pubblici servizi (quanto poi tali servizi siano adeguati a quello che viene versato è un altro discorso)

L’idraulico o il medico che non rilascia fattura non lo fa (evadendo la legge non vi è dubbio) perché è lui che veramente paga; l’impiegato pubblico non evade, non solo perché non può, ma perché le sue tasse sono solo un modo di dire, egli percepisce una paga che solo di nome corrisponde a x -y dato che y ritorna a colui che gli ha dato x e che potrebbe benissimo dire: il tuo stipendio è x.

 

 

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